Chi intenda oggi riconoscere come significativo ed essenziale per la ricostruzione di un punto di vista antagonista ai vigenti rapporti di dominio economico, politico e sociale, il momento della ricomposizione di una memoria storica del vivere sociale, del vissuto collettivo ed individuale che si snoda attraverso anni di lotte, di battaglie perdute e di pacificazioni cruente, non può non misurarsi su che cosa significhino storia sociale, storia politica, storia dell'antagonismo e della critica radicale.
La storia è un oggetto affascinante e complicato, di sovente autoreferenziale, spesso inadeguato a rendere conto della complessità e della molteplicità degli eventi stratificati che pretende di rappresentare, evidenziandone i nessi e le consequenzialità. Fare storia sociale, o meglio delle contraddizioni e dei movimenti profondi e superficiali del corpo sociale, implica un'interpretazione o meglio una sistematizzazione dei processi sociali.
C'è una storia ufficiale che tace su antagonismi e radicalità sociali. Una storia che imbalsama tutto quello che non può ignorare e riduce a liturgia antifascismo e Resistenza. C'è anche una storia ufficiale di sinistra, fino a ieri costretta nel letto di Procuste dello stalinismo, che ancor'oggi reinterpreta lotte operaie e conflitti sociali, che smussa le asprezze della critica più radicale, che criminalizza le sue forme più dure, che marginalizza tutto ciò che non rientra nei suoi canoni interpretativi. Canoni funzionali sempre ai suoi progetti ed alle sue strategie di riforma e di edulcoramento delle tensioni sociali.
Ci sono poi storie alternative - certo più nobili sebbene alcune fortemente ideologizzate - che traguardano gli eventi da un dichiarato punto di vista di classe e rivoluzionario. Che spesso tuttavia nel comprimere pulsioni, movimenti e lotte nel paradigma interpretativo meccanicamente deterministico della lotta di classe, dell'avvento del comunismo, rischiano di faire pendant - metodologicamente se non ideologicamente - alla storia istituzionale con il suo continuo farsi e disfarsi dell'intreccio interpretativo sul materiale consunto dell'oggettività degli eventi, con il suo replicare dell'affannarsi del Winston orwelliano al Ministero della Verità.
Che la storia sia quella scritta e omologata dai vincitori è ovvio. Che se ne possa scrivere una alternativa - in nome di progetti e strategie di trasformazioni socio-economiche (anche le più radicali) e di visioni del mondo connesse - è altrettanto scontato. Che nel far questo si possano assumere come elementi di centralità l'extraistituzionalità o la marginalità di movimenti del corpo sociale è altrettanto accettato. Quello che è un po' meno condiviso dal senso comune è che ciò che permette queste operazioni sia da un lato la presunta oggettività dei fatti (pronta a riemergere alla luce previo l'impiego di lenti e di filtri adeguati), dall'altro che, sempre e comunque, la materia sia costituita dall'agire e dal prodotto dell'azione degli uomini en masse, con l'implicita considerazione che le forme del rappresentarsi collettivo del proprio agire siano elemento in definitiva subordinato e che le storie, il vissuto e le rappresentazioni individuali siano - nella migliore delle ipotesi - o paradigma del collettivo o microelementi che si compongono in questo a prezzo della propria specificità. Che questi presupposti siano ragionevoli non è da dubitare, pensare che siano gli unici ammissibili è sicuramente riduttivo e poco si confà a chi fa propria la battaglia contro il monolitismo e l'integralismo interpretativo.
Se il fare storia (e in particolare il fare storia sociale) oggi soffre di mille disagi, di problemi non risolti o non posti, dell'arroganza di chi ha dichiarato la fine non solo delle lotte e dei movimenti antagonisti ma anche della possibilità di darne la rappresentazione, della desertificazione culturale e politica di chi si contrappone al flusso "regolare" degli accadimenti, allora la conseguenza più immediata non può essere che la necessità di ripartire dal punto minimo della ricomposizione fisica delle testimonianze e della documentazione che queste veicola. Senza discriminare i materiali meno "nobili" delle esperienze più marginali, proprio nella consapevolezza che su questo terreno la perdita delle testimonianze e il decadimento della memoria storica sono più rapidi e non esistono spazi di recupero.
Da tutto ciò consegue che il compito che ci siamo volenterosamente assunti in quanto promotori dell'Archivio Storico & Centro di Documentazione di Genova Pegli, con i suoi ovvi limiti di ambito spazio-temporale (raccolta di testimonianze e di documentazione inerente le forme e le risultanze dell'antagonismo e della critica sociale dal dopoguerra ad oggi) si caratterizza non concorrenzialmente, ma complementarmente agli archivi storici locali e nazionali che - con ben altri mezzi - adempiono ad una precisa funzione nei confronti della testimonianza delle esperienze ufficiali del movimento operaio, intendendo soprattutto rendere visibile la multiformità e la vitalità dell'antagonismo sociale e del movimento di classe attraverso la testimonianza delle sue manifestazioni politiche, teoriche, culturali, passate ed attuali. Tuttavia nel far questo non intendiamo confinarci in chiave localistica, ma anzi considerare con estrema attenzione i legami e i nessi tra le esperienze del territorio e tutto ciò che si è mosso e tuttora si muove a livello nazionale e internazionale.
In questa prospettiva è nostra intenzione fare dell'A.S.C.D. oltreché un centro di raccolta e di catalogazione di materiale storico e documentario, anche un momento attivo, di aggregazione di discussione tramite cicli di proiezioni di audiovisivi, di presentazioni di testi e di dibattiti. Questo stesso bollettino - di cui editiamo un primo numero "sperimentale" - dunque tenterà di diventare - più che un semplice catalogo ragionato di materiale documentario - uno strumento per adempiere alla funzione più generale che abbiamo individuato, aperto ai contributi di ricerca, discussione e recupero di frammenti di memoria storica.
L’Archivio e la biblioteca sono aperti il sabato mattina dalle 10 alle 12
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